Uno sguardo al personaggio di Kobe Bryant – il giocatore che ha lavorato più duramente nel basket
Kobe Bryant: Il giocatore
Kobe Bryant è stato 5 volte campione NBA, 2 volte MVP delle finali NBA, 2008 NBA MVP, 18 volte NBA All-Star, 3 volte NBA All-Star Game MVP, 2 volte campione del punteggio, 15 volte membro del team All-NBA, 10 volte membro del team All-Defensive, ma non sono stati i suoi successi ad averlo contraddistinto nel palcoscenico iper competitivo dell’NBA: è stato il suo carattere.
Prova ne sia che, una volta indicato da Michael Jordan, ad oggi pressochè unanimemente individuato come GOAT (greatiest of all time), tra i primi dieci giocatori di tutti i tempi, Kobe Bryant rispose in un articolo di Yahoo Sports affermando: “Quella roba non mi arriva. Non puoi motivarmi o portarmi in un posto in cui non mi trovo già”. Questa sua affermazione non derivava certo da una potenziale ingratitudine del giocatore, che ha subito aggiunto: “Si entra in un territorio in cui solo pochi eletti sono mai stati. Lo capisco. Questo è ciò che è speciale per me, che sono così fortunato ad avere questa opportunità. Quindi, provo semplicemente a sfruttarla al meglio. “
The Black Mamba
Alla domanda su come avrebbe voluto essere ricordato, Kobe dichiarò: “Spero che mi ricordino come una persona che ha anteposto tutto ciò che doveva fare per vincere sopra ogni altra cosa. Sopra ogni cosa. Statistiche comprese. (…) Se dicono questo di me sarò felice”.
Quel “Killer Instinct” attribuito a Kobe, tanto da valergli il soprannome “The Black Mamba”, non nasceva infatti dai campionati, o dai titoli MVP vinti, ma dalla tempra del suo carattere, dal suo DNA. Questo impulso lo porta ad una costante ricerca del superamento dei propri limiti, si percepisce in ogni fase della sua carriera cestistica, che lo porta anche di fronte a un avversario fisicamente in grado di sovrastarlo come LeBron James a trovare un modo di far uscire un tiro così alto sopra la sua testa che il cameraman deve regolare la visuale. Ed è canestro.
Quel desiderio di inseguire costantemente quell’obiettivo di vincere non nasce da un bisogno, o anche per essere all’altezza del suo potenziale. Viene fuori da come è costruito un uomo. Fortunatamente per i fan dei Lakers, non solo quest’uomo è stato costruito con un sacco di queste cose, ma era anche un giocatore di basket di talento.
Mamba Mentality
Negli ultimi anni, Kobe Bryant non è stato necessariamente l’atleta più talentuoso, il più veloce, il più forte o anche il più composto. Ma ha sempre trovato un modo per vincere, ripetutamente. Questo perché mentre Stephon Marbury cantava e ballava in webcam, o Allen Iverson stava pensando di giocare in Turchia per evitare di prendere un ruolo in panchina, Kobe si stava adattando. È riuscito a prendere il talento con cui è stato benedetto e combinarlo con la sua motivazione senza precedenti, il duro lavoro e ha trovato un modo per vincere. Ancora e ancora.
Il ginocchio, la caviglia, il dito, tutti gli infortuni che avrebbero messo da parte qualsiasi altro giocatore del campionato, per Kobe sono stati l’ennesima sfida da affrontare. Invece di cercare rigidamente di preservare i suoi “giorni d’oro” di guida al canestro per posterizzare schiacciate, ha accettato i suoi deficit legati all’età e ha sviluppato uno dei migliori tiri in sospensione del gioco. Si è concentrato sul suo ruolo di facilitatore. Rimbalzi, assist e difesa continua.
La spinta e la motivazione di Kobe, o come oramai amiamo chiamarla, la “mamba mentality” è il motivo per cui è stato in grado di adattarsi al gioco, sia a livello individuale che di squadra. Quando era più giovane, era una star che cercava di brillare, voleva il controllo. Voleva fare lui il tiro e far girare così l’attacco intorno a lui. Non riuscendoci però, questo bisogno di controllo lo lasciò frustrato. Si sarebbe potuto allora davvero biasimarlo, per questo? Non dobbiamo forse tutti attraversare una naturale evoluzione di comprensione dell’altruismo sulla strada verso la nostra maturità? Aveva il talento e voleva vincere, ma non capiva appieno il gioco del basket, che era il suo tallone d’Achille.
“Se non credi a te stesso, chi ci crederà?” – Kobe Bryant
Forse la visione più significativa del personaggio di Kobe Bryant è arrivata a metà dell’intervista a Yahoo Sports.
“Da bambino sono sempre stato a mio agio nel pensare che quando la mia carriera fosse finita, mi sarebbe piaciuto essere considerato come qualcuno che si è spinto a superare continuamente i propri limiti, nonostante il talento che ho”, ha detto Bryant. “Ciò significa che ho lavorato molto e ho spremuto ogni grammo di succo che potevo da quest’arancia“.
Non ha menzionato nulla su quanti titoli avrebbe vinto, o titoli MVP, ma ha fatto tutto ciò che poteva avere dall’opportunità che gli era stata data.
Fino all’ultimo ha cercato di migliorarsi e di superare i propri limiti, anche al termine della sua carriera, dedicandosi alle attività imprenditoriali nel frattempo avviate ed allo sviluppo dei giovani talenti nel basket, nell’ambito, neanche a dirlo, della sua “Mamba Academy”.
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